Il mondo delle religioni, maggio-giugno 2009 —

La scomunica pronunciata dall'Arcivescovo di Recife contro la madre e l'équipe medica che hanno praticato l'aborto sulla bambina brasiliana di 9 anni, violentata e incinta di due gemelli, ha suscitato grande sdegno nel mondo cattolico. Molti fedeli, sacerdoti e persino vescovi hanno espresso la loro indignazione per questa misura disciplinare, che considerano eccessiva e inappropriata. Anch'io ho reagito con forza, evidenziando la flagrante contraddizione tra questa condanna brutale e dogmatica e il messaggio evangelico, che promuove la misericordia, l'attenzione alle persone e il trascendere la legge attraverso l'amore. Una volta placata l'emozione, mi sembra importante tornare su questa vicenda, non per accrescere l'indignazione, ma per cercare di analizzare in prospettiva il problema fondamentale che essa rivela per la Chiesa cattolica.
Di fronte all'emozione suscitata da questa decisione, la Conferenza Episcopale Brasiliana ha cercato di minimizzare questa scomunica e di esentarne la madre della bambina, con il pretesto che fosse stata influenzata dall'équipe medica. Ma il cardinale Batista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, è stato molto più chiaro, spiegando che l'arcivescovo di Recife stava in ultima analisi solo richiamando il diritto canonico. Questa legge stabilisce che chiunque pratichi un aborto si pone di fatto fuori dalla comunione della Chiesa: "Chiunque procura un aborto, se ne consegue l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae" (can. 1398). Nessuno ha bisogno di scomunicarlo ufficialmente: si è scomunicato da solo con il suo atto. Certo, l'arcivescovo di Recife avrebbe potuto evitare di alimentare il clamore richiamando a gran voce il diritto canonico, provocando così una controversia mondiale, ma questo non risolve in alcun modo il problema fondamentale che ha scandalizzato così tanti fedeli: come può una legge cristiana – che, peraltro, non considera lo stupro un atto sufficientemente grave da giustificare la scomunica – condannare chi cerca di salvare la vita di una bambina violentata facendole abortire? È normale che una religione abbia regole, principi, valori e si sforzi di difenderli. È comprensibile, in questo caso, che il cattolicesimo, come tutte le religioni, sia ostile all'aborto. Ma questo divieto dovrebbe essere sancito da una legge inviolabile, che prevede misure disciplinari automatiche, ignorando la diversità dei casi concreti? In questo, la Chiesa cattolica si distingue dalle altre religioni e dalle altre confessioni cristiane, che non hanno un equivalente del diritto canonico, ereditato dal diritto romano, e delle sue misure disciplinari. Condannano certi atti in linea di principio, ma sanno anche adattarsi a ogni situazione particolare e considerano che la trasgressione della norma costituisca talvolta un "male minore". Questo è così evidente nel caso di questa ragazza brasiliana. L'Abbé Pierre diceva la stessa cosa riguardo all'AIDS: è meglio combattere il rischio di trasmissione della malattia attraverso la castità e la fedeltà, ma per chi non può farlo, è meglio usare il preservativo piuttosto che trasmettere la morte. E bisogna anche ricordare, come hanno fatto diversi vescovi francesi, che i pastori della Chiesa praticano quotidianamente questa teologia del "male minore", adattandosi ai casi particolari e accompagnando con misericordia le persone in difficoltà, il che spesso le porta a trasgredire la regola. Così facendo, non fanno altro che attuare il messaggio evangelico: Gesù condanna l'adulterio in sé, ma non la donna colta in flagrante adulterio, che gli zelanti della legge religiosa vogliono lapidare, e alla quale rivolge senza appello queste parole: "Chi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei" (Gv 8). Una comunità cristiana che intende essere fedele al messaggio del suo fondatore, oltre a rimanere udibile in un mondo sempre più sensibile alla sofferenza e alla complessità di ogni individuo, può continuare ad applicare misure disciplinari in questo modo senza discernimento? Non dovrebbe forse ricordare, allo stesso tempo come ideale e norma, la necessità di adattarsi a ogni caso specifico? E soprattutto, testimoniare che l'amore è più forte della legge?